Home Cultura Le parole di un fotoreporter: una vera fotografia va ricercata non trovata

Le parole di un fotoreporter: una vera fotografia va ricercata non trovata

Il celebre fotogiornalista Mario Laporta parla ai ragazzi del corso di fotografia dell’Associazione Luca Brandi ONLUS.

Di Giulia Castagliuolo

Il 14 Aprile nella sede dell’Associazione Luca Brandi ONLUS a fare lezione ai ragazzi del corso di fotografia curato da Enzo Rando, è stato il fotoreporter Mario Laporta.
Fotogiornalista, collaboratore della A.F.P e Senior Photographer della Agenzia Controluce è attualmente docente di Tecniche di ripresa fotogiornalistica presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Vincitore di numerosi premi prestigiosi, organizzatore di mostre e relatore di importanti convegni, nel corso della sua carriera ha collaborato con importanti testate giornalistiche come il Mattino di Napoli e il mensile Itinerario.
«Una fotografia và ricercata non trovata» esordisce il fotoreporter sedendosi in cattedra affiancato da Rando. «Oggi girano foto su foto, ma sono pochi coloro che prima di scattare immaginano nel dettaglio la situazione da immortalare», così inizia una storia fatta d’immagini crude e penetranti, narrata da un fotografo a tutto tondo a dei ragazzi che stanno imparando ad esprimere se stessi, a storicizzare momenti e sensazioni uniche della propria vita attraverso una macchina fotografica. La sua storia d’immagini è ricca di sfaccettature e ritrae centinaia di situazioni differenti, raccontate da un’unica voce narrante, che s’intrecciano creando un reticolo di sensazioni destinate a restare impresse nel cuore dei suoi giovani ascoltatori: volti di atleti colti esattamente nel momento di massima tensione, occhi pieni di propositi e ideali di uomini e donne che combattono in una piazza per i propri diritti, strette di mano che fanno storia, piccoli ma importanti frammenti di comportamenti dei politici di un paese ormai piegato come l’Italia, gli orrori delle guerre, i colori delle tradizioni, la sacralità delle processioni religiose in un paesino sperduto dell’Italia meridionale, il saio di un frate che non ha nient’altro che il suo Dio e un letto su un vagone, il volto senza vita di una vittima assassinata, un attore il cui abito sfavillante s’incontra con il rosso del tappeto sul quale sfila tra una folla adorante, dei tifosi in uno stadio che piangono per il goal di un rigore, ed infine un uomo che libera una colomba mentre alle sue spalle il muro di Berlino viene smantellato. Questo è il fotogiornalismo: raccontarsi attraverso la realtà «essere flessibili e poliedrici, è sapersi arrangiare, mettersi continuamente alla prova, voglia costante d’imparare e migliorarsi, è competizione pura in cui se non sei il top non sei nessuno. E’ la fortuna di trovarsi al momento giusto nel posto giusto, non fermarsi mai, essere immerso nella vita facendo sempre attenzione a ciò che ti circonda, ricordare che la tua fotografia ha come obbiettivo arrivare alle persone di tutto il mondo. Guardare la realtà con i propri occhi, dando spazio anche e soprattutto alle proprie sensazioni». I ragazzi analizzano avidamente ogni singolo particolare delle sue immagini, ponendogli così numerose domande sul perché avesse deciso di riprendere quella scena da quella determinata angolazione, oppure perché avesse scelto di utilizzare proprio quell’obbiettivo, dal momento che «gli obbiettivi incidono molto sulla resa di un’immagine. Infatti se ricerchi la tua fotografia, la scelta di quello giusto è fondamentale». Sono due ore di apertura degli orizzonti per gli allievi di Rando, i quali capiscono, grazie ad aneddoti sull’esperienza del fotogiornalista, che una foto và conquistata. Il tempo sembra volare e arriva il momento per Laporta di salutare i ragazzi, «continuate a coltivare questa passione. Siate sempre voi stessi, non scendete mai a compromessi con ciò che è la vostra visione, perché è l’unica cosa in grado di sconfiggere qualsiasi barriera, perfino la morte».

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